Potrebbe piovere #40 : Elysium

Buon Lunedì!!
Come sempre la settimana inizia con la rubrica cinematografica, ma poiché siamo stati invasi dalla Distopia, da oggi i colori non saranno gli stessi di sempre. Proprio perché entriamo in realtà dispotiche saranno un po’ più scuri, così => Potrebbe piovere 

Il primo universo distopico ci porta in una realtà iniqua, in cui alcuni abitanti della Terra non hanno diritto a nessun tipo di assistenza, in cui vengono lasciati morire solo perché poveri. Non è esattamente il miglior futuro possibile, ma se lo conosciamo possiamo provare a prevenirlo!

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Info

Elysium-poster2Titolo
Elysium
Regia
Neill Blomkamp
Anno
2013
Genere
Fantascienza, azione, thriller
Lingua
Inglese
Paese di produzione
Stati Uniti d’America
Soggetto
Neill Blomkamp
Sceneggiatura
Neill Blomkamp

Trama

Nella Los Angeles del 2154 l’umanità rimasta sulla Terra è un’unica grande classe operaia, che mescola criminali e lavoratori senza criterio, tutti tenuti a bada e dominati con pugno di ferro attraverso i robot da un’elite che da tempo è andata a vivere su una stazione orbitante intorno al pianeta chiamata Elysium. Su Elysium c’è la tecnologia per guarire da ogni malattia, c’è il verde, il benessere e il disinteresse per ciò che accade più in basso, sulla Terra, dove il resto dell’umanità lavora per mantenere la stazione.

Cast

  • Matt Damon è Max Da Costa
  • Jodie Foster è Jessica Delacourt
  • Alice Braga è Frey Santiago
  • Sharlto Copley è Agente C.M. Kruger
  • William Fichtner è John Carlyle

Trailer

Parere

Il diritto alla salute sembra essere scontato, almeno per quella parte della popolazione sufficientemente ricca da permettersi una casa su Elysium, l’immensa stazione spaziale in orbita attorno a una Terra ormai in rovina.
In una Los Angeles del XXII° secolo, dove si estendono solo baraccopoli e povertà, nasce la storia di riscatto e ricerca di giustizia di Max Da Costa (Matt Damon), un operaio in libertà vigilata che a causa di un incidente sul lavoro si ritrova con solo una settimana di vita.
L’idea di base del film è raccontare proprio la disparità che si è venuta a creare in questa società distopica e il tentativo di un reietto, un uomo che non ha nulla da perdere, di conquistare il proprio diritto alla vita. L’impianto all’inizio si articola in questa direzione e lo fa dosando bene le contrapposizioni tra ricchi e poveri, tra la Terra ed Elysium, un vero e proprio Paradiso dove tutto è possibile, per poi perdersi in un’enfasi eccessiva negli inevitabili scontri con le “forze dell’ordine”.
Sono sequenze che si ripetono più volte ma che dopo la prima non fanno altro che enfatizzare il regime repressivo e denigratorio attuato da chi gestisce Elysium sul resto della popolazione, accentuando il divario tra loro, i “cattivi”, e tutti gli altri, i deboli ma “giusti e buoni” della situazione. Se all’inizio, quindi, serve da caratterizzante per i rispettivi ruoli e punti di vista, questo continuo sottolineare l’inevitabilità degli scontri risulta infine ridondante e eccessivo.
Quello che più ho apprezzato di Elysium, però, è l’attenzione al lato umanitario per cui una tecnologia così avanzata può essere usata. La possibilità di curare qualsiasi malattia è un diritto solo di una piccola élite e l’opposizione con le navicelle cariche di disperati che vengono distrutte senza pietà sono una riflessione incredibilmente attuale e non esattamente distopica come potrebbe sembrare. Non a caso la Los Angeles del 2154 non sono altro che i sobborghi e le baraccopoli messicane dei nostri giorni, in un parallelismo che trasforma il presente in una realtà distopica. Cambia il contesto, ma i problemi sociali sono gli stessi che noi oggi non riusciamo spesso a vedere, o che non vogliamo vedere.
Per quel che riguarda la recitazione non c’è da lamentarsi, anzi. La cattivissima Jodie Foster e Matt Damon rappresentano incredibilmente bene le rispettive fazioni, ognuno a modo loro incarnano un modo di pensare che ne rende impossibile l’incontro e un tentativo di accordo tra le due parti in causa. O i ricchi o i poveri, ma Matt Damon e il suo personaggio decretano in maniera categorica cosa debba essere considerato importante: la vita per se stessa, senza condizionamenti o distinzioni di sorta.
Non c’è alcun valore da stabilire, la vita di ognuno vale come quella di qualsiasi altro ed è secondo me l’aspetto migliore dell’intero film.

Voto

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Beh direi che la prima Distopia di oggi è stata piuttosto attuale, no? In fondo, non c’è nulla di meglio che parlare del futuro per affrontare i nostri stessi problemi 😉

Se volete farvi sentire, i commenti qui sotto sono a vostra completa disposizione!

A presto!
Federica 💋

On Rainy Days Contest

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Potrebbe piovere #39 : Un ponte per Terabithia

Buongiorno! Buon Lunedì a tutti 😊

Per quest’oggi Potrebbe piovere si dà alla Fantasia un po’ più leggera, quella che non perde mai di vista la realtà e che non cerca di sostituirla. Anzi rappresenta un modo di diventare grandi un po’ per volta, capendo cos’è e come cambia la vita mentre si cresce.

Ho detto “leggera”? Beh, credo dipenda dal punto di vista 😉 Comunque, fatevi avanti! C’è un ponte da attraversare…

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Info

locandinaTitolo
Un ponte per Terabithia
Titolo originale
Bridge to Terabithia
Regia
Gábor Csupó
Anno
2007
Genere
Drammatico, fantastico
Lingua
Inglese
Paese di produzione
Stati Uniti d’America
Soggetto
Katherine Paterson (romanzo)
Sceneggiatura
David Paterson, Jeff Stockyell

Trama

Jesse è un ragazzino che ha un amore per il disegno e la pittura. La famiglia e la scuola, però non gli danno credito e, spesso, è irriso da qualche bulletto di classe. L’improvvisa e magica amicizia con Leslie lo conduce in un mondo di fantasia, dove la creatività può essere liberata.

Cast

  • Josh Hutcherson è Jess Oliver Aarons
  • AnnaSophia Robb è Leslie Burke
  • Bailee Madison è Maybelle Aarons
  • Zooey Deschanel è Miss Edmunds
  • Robert Patrick è Jack Aarons
  • Kate Butler è Nancy Aarons
  • Latham Gaines è Bill Burke

Trailer

Parere

Un ponte per Terabithia non è un film fantasy in senso stretto, ma piuttosto un’opera di realismo magico, in cui la fantasia è la facoltà che permette ai due protagonisti di affrontare la realtà e la crescita un po’ più a cuor leggero.
Il film si caratterizza visivamente per i grandi spazi aperti e luminosi del mondo di tutti i giorni e per la foresta un po’ chiusa e buia che fa da sfondo a Terabithia, il regno immaginario creato da Jesse e Leslie. Entrambi questi ambienti simboleggiano due aspetti che i protagonisti stanno imparando a far convivere tra loro, la realtà e l’immaginazione, in un tentativo che rappresenta il momento centrale nel passaggio verso l’età adulta.
Essendo un film targato Disney è normale che la presenza di un tema come questo, ma diversamente da altre pellicole qui la dicotomia tra realtà e immaginazione non viene relegata a un entusiastico lieto fine in cui la fantasia si dimostra onnipotente sulla realtà, ma sfila verso un finale meno edulcorato, in cui gli eventi negativi possono anche avere la meglio, per essere però alleviata dalla capacità di immaginare mondi e momenti migliori e più felici.
Gli attori e i loro personaggi sono il punto di forza del film, soprattutto i più giovani. Josh Hutcherson (famoso oggi grazie al ruolo di Peeta Mellark in Hunger Games) e AnnaSophia Robb (la piccola Violetta Beauregard ne La fabbrica di cioccolato di Tim Burton) sono i due fulcri dell’azione, sia per quel che li riguarda direttamente, sia per le conseguenze che comportano le decisioni degli adulti. Sono loro, con una recitazione convincente che spazia dall’immaginazione alla convivenza con la quotidianità, a fare tutto il lavoro, a trasmettere il messaggio di cui vi parlavo prima.

Voto

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Ho visto questo film due volte. All’inizio di entrambe ho detto: “Non lo guardo. Non mi piace” e, cascasse il mondo, entrambe le volte sul finale ho pianto a dirotto per dieci minuti… Per questo insistevo nel dire di non volerlo guardare, perché sapevo che sarei finita in lacrime. E nonostante i miei rubinetti aperti se dovessero propormelo un’altra volta direi ancora di no 😆

Voi lo avete visto? O avete un film che vi fa questo effetto (Effetto Fontana)?
Io sono da lacrima facile, parto già commossa, ma forse voi avete più resistenza. Fatemi sapere!

– Federica 💋

On Rainy Days Contest

Potrebbe piovere #38 : Shame

Buongiorno 😊

Iniziamo questo Lunedì dedicato alla passione e ai limiti con Potrebbe piovere e un film in cui è facile capire che, se non si mantiene un equilibrio, ciò che consideriamo piacevole può trasformarsi in una droga e, come ultimo stadio, in una malattia che corrode e consuma.

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Info

locandina-3Titolo
Shame
Regia
Steve McQueen
Anno
2011
Genere
Drammatico, Erotico
Lingua
Inglese
Paese di produzione
Regno Unito
Soggetto
Steve McQueen
Sceneggiatura
Steve McQueen e Abi Morgan

Trama

Brandon ha un problema di dipendenza dal sesso che gli impedisce di condurre una relazione sentimentale sana e lo imprigiona in una spirale di varie altre dipendenze. Nulla traspare all’esterno: Brandon ha un appartamento elegante, un buon lavoro ed è un uomo affascinante che non ha difficoltà a piacere alle donne. Al suo interno, però, è un inferno di pulsioni compulsive. Va ancora peggio alla sorella Sissy, bella e sexy, ma più giovane e fragile, la quale passa da una dipendenza affettiva ad un’altra ed è sempre più incapace di badare a se stessa o di controllarsi.

Cast

  • Michael Fassbender è Brandon Sullivan
  • Carey Mulligan è Sissy Sullivan
  • James Badge Dale è David
  • Nicole Beharie è Marianne

Trailer

Parere

Dire potente e provocatorio descrive bene questo film. Steve McQueen, regista inglese rivelatosi già un genio con Hunger (2008), fa della spinta all’estremo e delle provocazione i punti centrali della pellicola, attorno ai quali si sviluppa non solo la malattia di Jason e di sua sorella Sissy, ma anche l’intero malessere sociale da cui nascono i loro problemi e che li (e ci, in qualche modo) rende schiavi della facilità con cui possiamo soddisfare le nostre passioni, i nostri desideri più profondi.
Nella società di oggi tutto è in vendita, tutto può essere ottenuto al giusto prezzo, ed è facile ottenere ciò che vogliamo, così facile che si rischia di trasformare il nostro desiderio in una psicosi incontrollabile, dalla quale nemmeno un gesto estremo ci riesce a liberare. È questo che McQueen, con riprese fisse e campi lunghi in cui la censura non è contemplata, vuole raccontare e mostrare, ponendo l’accento su quanto il nostro stile di vita, votato all’apertura mentale e alla libera dimostrazione di sé, sia in realtà un sistema in cui ci si chiude in se stessi per nascondere gli orrori e gli scheletri che abbiamo creato abusando delle nostre passioni e delle nostre debolezze.
A questo proposito anche la scelta dell’ambientazione non è casuale perché New York, estremo esempio della città in cui ogni cosa è possibile, si trasforma nella casa degli orrori. Ogni aspetto che la rende uno splendido sogno si tinge di dettagli che ne corrodono dall’interno la bellezza. Tutto ciò che viene mostrato è grigio, offuscato da una patina che simboleggia la finta trasparenza della società e che rende l’atmosfera opprimente, claustrofobica e assolutamente immutabile.
Al centro della scena, di qualunque scena, troviamo Michael Fassbender, che in un’apatia crescente non riesce a trovare un equilibrio con la quotidianità e per questo si trasforma in una ricerca di ciò che ancora non è stato provato, in una angoscia crescente che non può che concludersi in un tracollo emotivo, aggravato e giunto al suo apice a causa del personaggio di Carey Mulling. Sissy, con la sua fragilità, la necessità di dipendere da qualcun altro e la sindrome da “Brand New Start” (iniziare tutto da zero), manda all’aria l’equilibrio del fratello e della sua prigione mentale, mettendolo di fronte alla realtà dei fatti e comunque all’impossibilità di rinunciare totalmente alla propria dipendenza.

Voto

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Spesso avere dei limiti è un bene, specie se la società in cui viviamo non fa altro che causare e aggravare i nostri problemi. È un film decisamente crudo, almeno rispetto a quelli cui sono abituata, soprattutto a livello psicologico più che visivo. Spero di essere riuscita a mostrare l’altro lato della medaglia, quello che la trilogia di E. L. James si è dimenticata per strada… Come sempre sono tutta orecchie se volete commentare 😊

A presto 💋


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Potrebbe piovere #37 : Un matrimonio all’inglese

Buondì e buon inizio settimana 😊

Quest’oggi partiamo con Potrebbe piovere e il film dedicato alla Gran Bretagna, andando a scoprire due aspetti profondamente radicati nelle sua cultura: l’importanza della tradizione e la difficoltà nell’affrontare una delle sue più grandi tragedie storiche.

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Info

locandina-2Titolo
Un matrimonio all’inglese
Titolo originale

Easy Virtue
Regia

Stephan Elliott 
Anno
2008
Genere
Commedia, sentimentale
Lingua
Inglese
Paese di produzione
Regno Unito, Canada
Soggetto
Noël Coward (piéce teatrale)
Sceneggiatura
Stephan Elliott, Sheridan Jobbins

Trama

Il giovane John Witthaker s’innamora perdutamente di un’elegante e indipendente americana di nome Larita e la sposa. Viene quindi il momento di presentarla alla famiglia, che vive imbalsamata e preda dei debiti in una splendida villa della campagna inglese. Nonostante Larita faccia buon viso a cattivo gioco, è presto chiaro che la suocera non può vederla e che anche le sorelle di John sono più che mai diffidenti nei suoi confronti. Lo stesso non si può dire, invece, del capofamiglia, un uomo che la guerra ha reso allergico all’ipocrisia ma non insensibile all’intelligenza e all’ironia involontaria.

Cast

  • Jessica Biel è Larita Huntington
  • Colin Firth è Jim Whittaker
  • Kristin Scott Thomas è Veronica Whittaker
  • Ben Barnes è John Whittaker
  • Kimberley Nixon è Hilda Whittaker
  • Katherine Parkinson è Marion Whittaker
  • Charlotte Riley è Sarah Hurst

Trailer

Parere

Portate un’americana in Gran Bretagna e succederà il finimondo.
Ecco il punto di partenza di un film divertente ma che comunque non manca di sottolineare uno dei più grandi disastri della storia inglesi, quello della “Generazione Perduta”. Ma procediamo con calma.
Da Detroit alla Costa Azzurra è un bel salto, ma ancora di più lo è approdare in un’Inghilterra conservatrice e poco incline ad accettare l’esuberanza di Larita, una donna forte, aperta e sicura di sé. Ma per amore si fa di tutto e per il suo fresco maritino John Larita è disposta anche a passare più tempo del previsto con una suocera piacevole come l’annegamento, due cognate zitelle e un po’ invidiose e l’onnipresente ex ragazza del marito, la cui unica colpa è di non aver mai smesso di amarlo. A risollevare il morale di Larita, e dello spettatore, ci pensano le sue spassose “ripicche” contro la suocera e il marito di quest’ultima, Jim, che dopo essere tornato dalla Grande Guerra fatica a sopportare l’ipocrisia della propria famiglia e della società.
Costumi, trucco, fotografia e scenografia riportano indietro fino agli anni ’30, ma chi davvero rende questo film interessante sono gli attori. Jessica Biel, Colin Firth e Kirstin Scott Thomas sono le vere star che in tre ruoli così diversi (Larita, Jim e Veronica, la suocera) emergono in tutta la loro bravura. Ognuno di loro si trova a dare il meglio di sé, creando dei personaggi unici, che con le loro debolezze diventano i prototipi di tipi umani ben definiti. Larita, così forte in apparenza, nasconde in realtà la paura più grande di tutte, l’impotenza di fronte alla sofferenze delle persone amate, che la spinge alla più estrema delle scelte. Jim, disilluso dalle conseguenze della Grande Guerra (tra tutte la Generazione Perduta, vale a dire i soldati tra i 18 e i 25 che hanno perso la vita in guerra), non riesce più a sopportare la vacuità e la superficialità della società di fronte a un’idea terrificante, cioè la possibile mancanza di un futuro, a causa proprio della scomparsa dei giovani che quel futuro dovevano costruirlo e viverlo. Veronica, infine, è la tipica madre di famiglia disposta a tutto per mantenere intatto ciò che conosce meglio, il proprio status, nella paura che, più delle altre due, paralizza e impedisce di agire, la paura dei cambiamenti, e appunto la renderà incapace di decidere, cosa che non accade a Larita e Jim. Tre paure ben diverse per altrettanti personaggi, tutti diversi ma in realtà ugualmente efficaci e ben costruiti.
Ben Barnes, che interpreta John, non lo posso digerire normalmente (mi sembra la versione maschile di Kirsten Stewart, l’inespressività fatta persona) però lo trovo adatto al ruolo del marito, una persona succube della madre e che si sente direttamente responsabile del destino della propria famiglia (quando è chiaro che non dipenda da lui né l’essersi ritrovati in quella condizione né il possibile salvataggio). È adatto a bilanciare Larita, ma anche a rappresentare l’insicurezza di una generazione senza scopi, che vorrebbe essere diversa dai propri genitori ma che ancora non ha la forza sufficiente per staccarsi completamente dalla tradizione.
Un film divertente che non manca di sottolineare le profondità e le contraddizioni dei personaggi, il tutto condito da uno dei cliché più comuni, vale a dire la servitù che fa di tutto per danneggiare i padroni di casa, senza che questo lo trasformi in una scarsa pellicola sui luoghi comuni.

Voto

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Gli inglesi sono fatti così, tutti tradizione e coerenza se visti da fuori, ma in realtà vivono un conflitto interiore che fa spavento (ma questo lo vedremo meglio domani!). Avete visto il film? Come vi è sembrato?

Io vi aspetto come sempre nei commenti 💋


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Potrebbe piovere #36 : Joy

Buongiorno 😄 e benvenuti a un nuovo Lunedì in compagnia di Potrebbe piovere!

Jennifer Lawrence è un’attrice perciò la scelta per quest’oggi era davvero varia. Tuttavia mi sono lasciata tentare dal suo ultimo progetto e sapete una cosa, mi è davvero piaciuto! Perciò basta giro di parole 😁

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Info

locandinaTitolo
Joy
Regia

David O. Russell
Anno

2015
Genere
Drammatico, biografico, commedia
Lingua
Inglese
Paese di produzione
Stati Uniti d’America
Soggetto
Annie Mumolo, David O. Russell
Sceneggiatura
David O. Russell

Trama

Joy è una ragazza modello con spirito di iniziativa e capacità creative, castrate però da una vita difficile. Divorziata con due figli, lavora nel servizio a terra di una compagnia aerea dove la costringono a fare il turno di notte. Vive in una casetta indipendente insieme alla madre, perennemente incollata al televisore a guardare telenovelas, all’ex marito, aspirante cantante sudamericano che si è piazzato nel seminterrato e non contribuisce alla vita familiare, alla nonna Mimi, l’unica che l’ha sempre stimolata e aiutata anche nelle faccende pratiche, e al padre, la cui nuova campagna metterà Joy di fronte alla possibilità di brevettare e mettere in commercio una sua invenzione.

Cast

  • Jennifer Lawrence è Joy Mangano
  • Robert De Niro è Rudy Mangano
  • Bradley Cooper è Neil Walker
  • Édgar Ramírez è Tony Miranne
  • Diane Ladd è Mimi
  • Virginia Madsen è Terry
  • Isabella Rossellini è Trudy

Trailer

Parere

Ultimamente Jennifer Lawrence sta facendo molti film che si rivelano essere non solo belli, ma anche profondi e ricchi di significato. Niente a che vedere con la serie di Hunger Games, che comunque ha il suo bel carico di importanza.
Con Joy si spalanca ancora di più l’aspetto umano nella narrazione di una storia e questo film, ripercorrendo l’ascesa di Joy Mangano, racconta la forza di volontà e il genio necessari a risollevare una persona dalla disperazione e dall’insofferenza verso una vita non gratificante e straripante di problemi.
Ripercorre non solo la vita di questa donna così brillante e forte, ma anche una parte della storia delle donne americane, incastrate tra la vita domestica e una ristretta opportunità di costruirsi una carriera, negli anni in cui iniziano a diffondersi le telenovela ultradecennali e i canali di televendita che ormai fanno parte della nostra cultura (purtroppo). La ricostruzione di questi aspetti è ben fatta e funziona bene, tanto quanto la scelta dei costumi, degli ambienti e del cast.
Ciò che rende un film qualcosa di più che buono è sicuramente la scelta degli attori che interpreteranno i diversi personaggi e per la terza volta David O. Russell si affida al trio Lawrence-Cooper-De Niro che tanto gli piace e mi piace. Questi tre, che hanno lavorato molto insieme anche in altri film, riescono a rendere unici e indimenticabili tre personaggi molto diversi tra loro. De Niro è il padre di Joy, un uomo opportunista e negativo nei confronti del talento della figlia, che cerca di scoraggiarla e sminuirla, incolpandole una mancanza caratteriale (“Non sei fatta per…”) anche quando è lei a essere vittima di un raggiro e dovrebbe far valere le proprie ragioni. Bradley Cooper è Neil Walker, responsabile vendite del canale televisivo che da a Joy e alla sua invenzione la possibilità di arrivare nelle case delle donne americane. È un personaggio che si vede poco, ma è centrale nell’ascesa di Joy e nel suo successo, perché scommette su di lei e sulla sua capacità trasmettere qualcosa a chi guarda. Infine Jennifer Lawrence, una Joy disperata e soffocata dai problemi che ritrova nel proprio genio creativo un mezzo per risollevarsi e tornare a essere la se stessa positiva di un tempo. È una donna forte, che vince da sola le sue battaglie, che impara a sue spese a non fidarsi di chiunque, nemmeno della famiglia, ma solo di chi si dimostra veramente degno, di chi agisce non per interesse ma per buon cuore.
Questo film non rispecchia esattamente la vita della vera Joy, è piuttosto un mix con le esistenze di tante altre donne comuni, facendo di Joy Mangano un simbolo per l’universo femminile di qualcuno che, con le proprie forze, è riuscito a emergere e a risollevare la propria vita.

Voto

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Il film da noi è uscito a Gennaio, perciò fatemi sapere con un commento se lo avete visto e come vi è sembrato, oppure se vi manca all’appello e l’idea che ve ne siete fatti! Son tutta orecchie

A domani 💋


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