“Deathdate” di Lance Rubin

Buongiorno! E buon inizio settimana 😊

Ritorno a parlarvi di un altro libro appartenente alla mia lista di Libera lo scaffale 2017, una sfida di lettura che consiste nel leggere 12 libri che stazionano sulle nostre mensole da almeno un anno (quindi almeno dal 2016). È il sesto che termino e direi che sono già a un buon punto con questa challenge 😄 Per fortuna, perché tra un po’ gli esami mi assorbiranno e allora addio tempo libero!

Ma torniamo al vero protagonista della giornata!

Titolo
Deathdate
Titolo originale
Denton Little’s Deathdate
Autore
Lance Rubin
Editore
DeAgostini
Anno
2015
Genere
Distopico
Formato
Hardcover
Pagine
400
Prezzo
8,42€
Acquisto
Amazon

Vi siete mai chiesti come sarebbe un mondo in cui tutti conoscono la data precisa della propria morte? Un mondo in cui nessuno ha più niente da vincere o da perdere? Questo è il mondo di Denton Little, diciassette anni e un’unica certezza. Morirà la notte del ballo scolastico. La sua vita è sempre stata piuttosto normale, ma – ora che mancano solo due giorni alla fine – Denton sente di non avere più tempo da sprecare. In meno di quarantotto ore vuole collezionare più esperienze possibili, come la prima sbronza o la prima volta. Ma le cose si complicano quando Denton incontra uno strano tizio che dice di avere un messaggio da parte della madre, morta ormai da molti anni. All’improvviso le ultime ore di Denton si trasformano in una corsa contro il tempo, una disperata ricerca della verità, e forse di una via di uscita.

Oggigiorno tutti conoscono il giorno della loro morte e Denton Little è conosciuto come il ragazzo che morirà durante l’ultimo anni di liceo, il secondo della sua scuola che non raggiungerà la maggiore età e che non parteciperà nemmeno al ballo scolastico. Ma il giorno del suo funerale (una celebrazione pre morte in cui il futuro defunto, i suoi parenti e gli amici si radunano per dirgli addio in tutta calma) Denton si risveglia inspiegabilmente a casa del suo migliore amico Paolo, senza avere idea di cosa sia accaduto la sera prima o del perché si trovi nella camera di Veronica, la sorella maggiore di Paolo, con in testa il vago ricordo di averla baciata.

È un posto in cui sono stato due o tre volte: la stanza di Veronica, la sorella maggiore-ma-non-di-molto di Paolo. Ricapitolando: oggi è il giorno del mio funerale, e mi sono appena svegliato nel letto della sorella del mio migliore amico. I miei progetti erano un po’ diversi.

Essendo l’ultimo giorno della sua vita Denton non ha tempo per cercare di scoprire cosa sia accaduto; ha dei parenti da vedere, deve presenziare al proprio funerale, deve tenere un discorso di commiato che non diventi la solita lagna di autocommiserazione che lo ha sempre annoiato agli altri funerali e poi partecipare alla sua Seduta, la lunga attesa di qualcosa, qualunque cosa, che trasformi un giorno come tanti altri nel Giorno della sua morte. Insomma, tutte le normali cose che ci si aspetta da chi sta per vivere le ultime 48 ore della sua esistenza.
Ma Denton non è come tutti gli altri e i suoi due ultimi giorni di vita si trasformano in una continua sequenza di incidenti potenzialmente mortali e di scoperte incredibili.
Leggendo la storia dal punto di vista del protagonista Denton Little mi sono chiesta cosa avrei fatto io se mi fossi trovata al suo posto. Avrei passato del tempo con la mia famiglia? O avrei cercato di spuntare più voci possibili dalla mia lista delle cose da fare prima di morire? Beh, credo che avrei agito come Denton, seguendo la corrente e condendo il tutto con una buona dose di avventura e comicità.

L’idea che domani morirò mi mette ansia lo stesso? Sì, accidenti. Ma devo per forza parlarne col tono accorato della voce fuoricampo nel trailer di un film? Probabilmente no. Il che non significa che la gente non possa dispiacersi per me, se proprio ci tiene. Tra tutti i miei compagni di scuola ci sono solo tre ragazzi destinati a morire prima del diploma: oltre a me c’era Ashley Miller, che è morta al primo anno per uno strano problema al cervello; e Paolo, il mio migliore amico, la cui data di morte cade ventisei giorni dopo la mia. Una splendida coincidenza, no? Due amici per la pelle che moriranno nell’arco di un mese! Anch’io la penserei così, se non sapessi che abbiamo fatto amicizia proprio per questo.

Più che il racconto delle ultime e tristi ore della vita di Denton, Deathdate è una divertente e misteriosa serie di incidenti e imprevisti che continuano a rimandare qualcosa che diamo per scontato sin dall’inizio e sappiamo essere inevitabile: la morte di Denton Little. Tra misteriose macchie cutanee, che si diffondono da Denton a chiunque abbia un contatto intimo con lui (un particolare che scatena diversi momenti ricchi di ironia e di battute sagaci), e lo strano interesse che tutti sembrano nutrire per lui e la sua dipartita, il romanzo porta avanti il tema della morte annunciata e dell’affrontare gli ultimi istanti di vita con grande ironia e ilarità, soprattutto quando ci si aspetterebbe di trovare dei personaggi e delle descrizioni estremamente seri.
Lo stile di Lance Rubin e la visione della vicenda attraverso lo sguardo di Denton rendono la lettura davvero piacevole e non c’è capitolo in cui non mi sia ritrovata a sorridere. Il nostro protagonista è diretto, positivo e sempre pronto alla battuta nonostante siano i suoi ultimi istanti e leggendo non si può che apprezzare questa sua attitudine ad affrontare la vita… meglio, la sua imminente morte.

Lance Rubin, pur trattando un tema così importante come il dare il giusto valore a ogni istante che fa parte della vita, crea una storia e dei personaggi che riescono ad affrontare tutto con la giusta misura di serietà unita a umorismo e leggerezza, due aspetti che rendono questo romanzo distopico una vera e propria ventata d’aria fresca nel genere. Tutto, anche il giorno della propria complemorte, può essere vissuto in semplicità, accettando ciò che viene e godendosi la vita, possibilmente in compagnia.

Le note di un organo rintronano dagli alto parlanti, seguite dalla familiare prima strofa: «Bone Bone Bone Bone… BONE Bone BONE Bone BONE». I presenti si guardano l’un l’altro, perplessi. Ma io e Paolo riconosciamo subito la canzone.
«Amico» gli dico.
«Che c’è, amico? Se nessuno attacca con una coreografia spontanea, dovremo arrangiarci da soli! Alza il volume,
DJ
Molto tempo fa, quand’eravamo in terza media, l’amore di Paolo per l’hip-hop lo ha condotto a scoprire questa canzone intitolata
The Crossroads, di un gruppo chiamato Bone Thugs-n-Harmony. […] È diventata la nostra canzone non ufficiale. (Sì, lo so, abbiamo una «nostra canzone».)
[…] Abbiamo inventato anche un balletto da accompagnare alla canzone. (Sì, lo so.) Doveva essere una cosa buffa, ma poi una sera l’anno scorso sono rimasto a dormire a casa sua e ci siamo impegnati a fondo nella coreografia perché ci sembrava che così sarebbe stata ancora più buffa. Ci abbiamo lavorato fino alle tre di notte. (Sì, sì, fatevene una ragione.) Ogni tanto, negli anni di liceo, Paolo faceva partire The Crossroads dal telefono, e ovunque fossimo […] ci mettevamo a ballare. Non avevo mai previsto di esibirmi davanti a tutta la scuola, però. Né prevedevo che sarebbe stato questo il Gran Finale della mia vita.

È un romanzo che ho divorato in un pomeriggio e che ho trovato brillante, specie per i suoi personaggi. Primi tra tutti Denton e il suo migliore amico Paolo, un’accoppiata scoppiettante e molto divertente sempre pronta alla battuta di spirito, ma ho apprezzato tantissimo anche i genitori e il fratello di Denton (finalmente una famiglia unita che fa di tutto per il nostro protagonista!!), l’enigmatica Veronica e Millie (un personaggio che secondo me riserverà grandi sorprese nel prossimo volume).

Non vedo l’ora di avere tra le mani il secondo volume per sapere come andrà a finire questa duologia! Birthdate sarai mio ✌️ Spero di avervi fatto scoprire un nuovo libro e che decidiate di leggerlo perché merita davvero!!

Visto che domani è festa ed io sarò in viaggio per rientrare da Parigi (esatto, anche questo è un post programmato), vi do appuntamento tra due o tre giorni. Giusto il tempo di riprendermi dalla sfacchinata e poi sarò di nuovo da voi!

Un abbraccio
Federica 💋

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“Strider – La grande foresta” di Andrea Grassi

Ciao 😊 buon Venerdì, lettori e lettrici!

Oggi come anticipazione del weekend vi propongo la recensione di un fantasy/distopico tutto italiano interessante e che promette bene con il suo seguito!

strider-lgf-andrea-grassiTitolo
Strider – La grande foresta
Autore 

Andrea Grassi
Illustrazioni

Ivan Calcaterra
Editore
Amazon Self Publishing
Anno
2013
Genere
Fantasy
Formato
Cartaceo ~ Ebook
Pagine
340
Prezzo
8,22€ (cartaceo) ~ 0,99€ (ebook)
Link acquisto
Amazon

Un tempo vi fu una guerra terribile, un conflitto tra gli uomini… e qualcos’altro. 
La Storia è un susseguirsi d’invasioni e soprusi, ma nessuno era preparato ad affrontare ciò che uscì dalla nebbia che un giorno avvolse il Nord. Da quel momento qualcosa cambiò per sempre, nel mondo e nelle persone. 
Ma, per due ragazzini di quello che potrebbe essere l’ultimo villaggio ancora esistente, la Nebbia Nera ed i guerrieri conosciuti come Strider sono solo vecchie storie… 
Fino a quando un orfano senza alcuna memoria del proprio passato sconvolge le loro vite, perché la Progenie non è solo un ricordo e la guerra… forse non è mai davvero finita.

In quello che ricorda a tutti gli effetti un futuro post apocalittico si sviluppa la storia dei tre tredicenni protagonisti, Ian, Elana e Nora, presi dal desiderio di scoprire il mondo che li circonda, di crescere e di dimostrarsi all’altezza dei pericoli da affrontare nella vita di tutti i giorni. Tre adolescenti come tanti, se non fosse che il loro mondo è abitato da creature impensabili e mostruose, retaggio di una guerra che quattordici anni prima ha scatenato il caos e la devastazione, e da individui dalla forza sovrumana addestrati per sconfiggerli.
Gli Strider, questo il loro nome, sono guardati come degli eroi da chi è cresciuto nel culto della loro figura, ma anche temuti per via delle loro abilità fuori dal comune e i tre ragazzi di Cori, il piccolo villaggio sperduto nella Grande Foresta, si trovano ben presto coinvolti nel ritorno di una minaccia che è più grande di loro e che vede nell’intervento di questi straordinari soldati il solo modo per uscirne vivi.
Strider – La Grande Foresta è il primo volume della saga di Andrea Grassi ed è una grande introduzione all’universo che ha creato, nonché alle avventure che di certo aspettano Ian, Nora ed Elana nel libro successivo. Serve a mettere a fuoco tutti i dettagli che poi verranno di certo svelati più avanti e a introdurre i personaggi e i diversi rapporti che li legano.
È una storia coinvolgente e accattivante, anche se manca di un vero e proprio collegamento tra il prologo iniziale e le vicende dei tre amici protagonisti dell’intero romanzo. Si percepisce un legame e gli indizi lasciati di tanto in tanto avvalorano l’ipotesi che per Nora, Ian e Elena ci sia un collegamento con i due Strider (e con il loro scontro) che fanno da apripista al volume, ma non sono abbastanza marcati da mettere in moto l’ansia che spinge a divorare le pagine per scoprire cosa accadrà ai tre amici. Ovvio, non tutti i libri svelano gli intrighi e i dettagli fondamentali nelle prime pagine, però credo che, con una dose di colpi di scena in più e qualche velato accenno aggiuntivo a proposito del legame di cui vi dicevo qui sopra, questo romanzo sarebbe potuto esplodere come una bomba.
Strider – La grande foresta ha tutti gli elementi per diventare una di quelle storie che lasciano il segno nei lettori – l’amicizia e la rivalità tra ragazzi, delle figure femminili forti e capaci al pari di quelle maschili, l’idea dell’avventura e della minaccia da sconfiggere come un percorso di crescita e formazione, gli intrighi e i misteri di un passato sconosciuto, la varietà di esseri e gruppi da far invidia a altri universi fantastici – ed è un peccato che restino un po’ sottotono. Scatenano la curiosità di chi legge e di certo invitano a scoprire come proseguirà la storia, però il ritmo della narrazione andrebbe velocizzato e reso un po’ più incalzante per sfruttare appieno il potenziale che possiede.
strider-andrea-grassi-uomo-leopardoUn occhio di riguardo va alle illustrazioni, un accompagnamento alla lettura che ne diventa parte integrante quando si tratta di mettere in evidenza certi eventi della trama o alcune caratteristiche dei personaggi. Le ho trovate davvero molto belle e, soprattutto, utili, funzionali a far entrare in contatto la storia e i suoi protagonisti con il lettore, benché alcune di esse non siano messe esattamente in corrispondenza di ciò che rappresentano e si debba fare un piccolo lavoro di avanti/indietro tra le pagine.
In conclusione, è un romanzo interessante e particolare, che ha tutte le carte in regola per essere una di quelle storie che ti restano nel cuore. Vanno solo sfruttate al meglio!
Un piccolo consiglio prettamente grammaticale: attenzione all’accento. “É” invece di “È” non pregiudica la lettura né l’apprezzamento o meno della storia, ma vista la frequenza con cui appare non può essere giustificato come un semplice refuso e è poco piacevole da vedere.

Ovviamente sono curiosa di sapere come continuerà l’avventura di Nora, Ian e Elana in Strider – I marchiati di Minharan! È sempre bello sostenere il made in Italy, specie se promette bene, perciò stay tuned e tra un po’ vi parlerò di nuovo di questa storia 😉

Ci risentiamo presto
Federica 💋

La Bella e la Bestia (2017)

Ciao a tutti!

Siete pronti a tornare bambini?? Spero di sì perché oggi vi porto a scoprire l’ultimo film Disney su La Bella e la Bestia!

Titolo
La Bella e la Bestia
Titolo originale
Beaty and the Beast
Regia
Bill Condon
Anno
2017
Genere
Drammatico, fantastico, musicale, sentimentale
Lingua
Inglese
Paese di produzione
Stati Uniti d’America
Soggetto
La bella e la bestia scritto da Linda Woolverton & La bella e la bestia di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont
Sceneggiatura
Evan Spiliotopoulos, Stephen Chbosky
Cast

Emma Watson, Dan Stevens, Luke Evans, Kevin Kline, Josh Gad, Ewan McGregor, Stanley Tucci, Ian McKellen ed Emma Thompson

Sulla scia di rispolverare i vecchi classici Disney e dare loro un messaggio che si adatti ai nostri giorni, il cartone sempre attuale de La Bella e la Bestia non poteva scampare a questa operazione di marketing. Lo hanno rifatto e, alla fine, ne è anche venuto un bel film.
Sud della Francia, all’incirca a metà del ‘700, in un tranquillo paesino dove il massimo del divertimento è ritrovarsi al lavatoio e dove il tasso di alfabetizzazione femminile è pari allo 0,0001% si ritrova incastrata la giovane Belle, figlia di un artista/orologiaio e additata da tutti come strana per la sua passione per i libri. La vita di Belle prosegue identica ogni giorno e la sola distrazione arriva in occasione della fiera annuale cui partecipa il padre Maurice, quando chiede che le venga regalata una rosa come ricordo di quella giornata.
Questa volta, però, Maurice si ritrova inseguito da branco di lupi lungo la via per la fiera, agguato che lo costringe a rifugiarsi in un grande quanto oscuro castello, dove tutto sembra essere stato appena preparato per lui ma senza che vi sia qualcuno ad accoglierlo. Spinto da questa misteriosa ospitalità a cenare nel castello, l’incontro con una piccola tazzina da tè parlante lo farà fuggire a gambe levate, salvo arrestarsi nell’immenso giardino di fronte a un bellissimo roseto. Pur di mantenere la promessa fatta a Belle, Maurice si accinge a cogliere una rosa tra le tante, finendo con lo scatenare l’ira del tremendo padrone del castello.
Da qui in avanti, e perdonate se mi sono dilungata ma mi sembrava necessario, la storia segue le vicende classiche del cartone nei suoi punti focali (Belle si offre prigioniera al posto del padre, viene rinchiusa nel castello ma i servitori trasformati in arredamento cercano di rendere il suo soggiorno più piacevole, ecc. ecc.), con qualche cambiamento e aggiunta che serve a contestualizzare nel mondo reale la storia fantastica di un principe vanesio trasformato in una bestia nella speranza che impari a guardare oltre le apparenze.
Così, diversamente dal cartone animato, ci viene detto che Belle è orfana di madre a causa di un evento doloroso e all’inizio non ben chiarito, mentre il principe, rimasto da sempre avvolto nella nebbia del “Basta che alla fine si trasformi, per il resto può anche non aver mai avuto una vita”, scopre il proprio passato e la sua infanzia, un modo nuovo per portare gli spettatori a capire come e perché abbia sviluppato una personalità edonista, votata alla bellezza in ogni sua forma, e l’atteggiamento di disprezzo verso ciò che non rientra nei suoi canoni. Insomma, viene spiegato perché si è meritato la maledizione che gli ha fatto spuntare due corna da satiro e una quantità incredibile di peluria.
Il mondo di entrambi io personaggi si amplia e diventa più complesso, ma questo non è un punto a sfavore, anzi non fa che renderli più interessanti perché acquistano spessore. Belle è sempre la stessa ragazza dolce e coraggiosa, pronta a tutto pur di non farsi mettere i piedi in testa da nessuno, iniziando dagli abitanti del villaggio, per poi passare a Gaston e finendo con la Bestia; è pronta a sfidare chiunque, persino le convinzioni sociali più radicate, pur di far valere le proprie idee, sicura che esse siano il giusto modo di comportarsi, e l’interpretazione di Emma Watson rende solo più speciale un personaggio che è già forte di per sé, unita alle nuove aggiunte nella trama che aiutano a renderla più vera e reale. Ma tra i due ad ottenere i maggiori benefici da questa novità è la Bestia, perché finalmente non è solo grosso e sempre irascibile, ma anche colto, ironico, romantico e altruista in modo sorprendente. Da mostro in 2D diventa un tuttotondo con un passato importante, un carattere certo difficile ma pronto ad aprirsi e dimostrare le proprie debolezze come se non fossero un limite ma un punto da cui partire per costruire qualcosa di nuovo.
Questo aspetto è quello che differenzia il film dal cartone del 1991, perché aggiunge una nuova visione dell’animo umano e un nuovo tipo di messaggio: non basta guardare oltre le apparenze per vedere la vera bellezza; bisogna anche essere capaci di accettare ciò che si è, con tutti i nostri punti di forza e le nostre debolezze. Su questo secondo messaggio si articola la scena che ho amato di più: dopo aver parlato della rispettiva estraneità nei confronti delle persone che li circondano, la Bestia propone a Belle di fuggire da quel luogo, usando una mappa magica lasciatagli dalla maga che lo ha trasformato, e andare ovunque lei voglia, così da poter ricominciare da capo.
Come musical si rivolge ovviamente ai più piccoli, ma ci sono tanti indizi e riferimenti, o anche atteggiamenti, che si possono capire meglio se si ha qualche annetto in più, come la smania del politically correct verso certi soggetti “sensibili” (vedi il bibliotecario o la signora armadio di colore o la presenza di gay e transgender) che forse stona un po’ per la presenza poi non così necessaria…
A parte questo, è un film godibile, divertente e coinvolgente, che reinterpreta ma non tradisce l’essenza della storia dei suoi personaggi. E poi lo ammetto: ho cantato le canzoni (come le ricordavo dal cartone) e per due ore sono ritornata bambina come non mi succedeva da tempo!

Spero di essere riuscita a trasportarvi di nuovo nella magia dell’infanzia, ma con una strizzatina d’occhio al lato adulto, perché questo film parla davvero a entrambi!

Lo avete visto?? Vi prego, ditemi che avete canticchiato anche voi 😆

A presto
Federica 💋

“Il club delle cattive ragazze” di Sophie Hart

Buongiorno a tutti 😊

Spero che le feste e il Martedì di assestamento siano andati bene! Questa settimana è particolare, non solo perché saranno tutti post programmati (compreso questo) ma perché ho in serbo per voi tante recensioni. La prima riguarda un altro libro della mia lista di letture per il 2017, il quinto della reading challenge di Libera lo scaffale ed è Il club delle cattive ragazze di Sophie Hart. È un’autrice che mi sta piacendo molto e devo assolutamente recuperare anche gli altri suoi libri! Questo romanzo, poi, è stato abbastanza leggero e piccante da incuriosirmi fino alla fine. Adesso vi spiego perché…

Titolo
Il club delle cattiva ragazze
Titolo originale
The Naughty Girls Book Club
Autore
Sophie Hart
Traduzione
Monica Pesetti
Editore
Feltrinelli
Anno
2013
Genere
Narrativa rosa, erotica
Formato
Paperback
Pagine
352
Prezzo
7,65€
Acquisto
Amazon

Torte di mele, brownies al cioccolato, muffin e tisane profumate… È questo il regno di Estelle, l’intraprendente proprietaria del Café Crumb. Ma gestire una piccola pasticceria non è facile: come allargare il giro di affari, spingendo nuovi clienti a varcare la soglia del delizioso caffè dalle tovaglie bianche e rosse? Rattristata dalla chiusura della libreria accanto al suo locale, Estelle, fervida lettrice, ha un’idea: perché non provare a risollevare le sorti del Café con un book club, affiancando ai dolci qualche buona lettura? La partenza non è delle migliori. Gli iscritti al club, oltre a Estelle, sono solo quattro: Gracie, giovane bibliotecaria femminista e fissata con la moda vintage; Rebecca, un’insegnante trentenne sposata da poco più di un anno; la neopensionata Sue, ansiosa di fuggire da casa e da un marito in pantofole, e il timidissimo Reggie, presente solo per fare ricerche per la propria tesi. Un piccolo gruppo fin troppo eterogeneo, con gusti che non potrebbero essere più diversi tra loro. Il primo libro preso in esame non scatena alcun dibattito. Estelle decide allora di giocare il tutto per tutto aggiungendo un pizzico di pepe agli incontri. La lettura successiva verterà sul bestseller del momento: una piccante storia d’amore e sesso, condita da sculacciate e frustini. Il successo è sfrenato, tanto che il book club decide di focalizzarsi solo sulla letteratura erotica. Libro dopo libro, spaziando dai classici ai casi editoriali più recenti e peccaminosi, Gracie, Rebecca, Sue, Reggie ed Estelle lasceranno da parte inibizioni e paure, dando un salutare scossone alle loro vite. Perché, come direbbe Mae West, che senso ha resistere a una tentazione, se tanto poi ce n’è subito un’altra?

La crisi economica colpisce un po’ tutti e non fa sconti, ma quando la libreria del quartiere chiude per fallimento dopo trent’anni di attività, Estelle Humphreys si accorge che, se non corre subito ai ripari, lo stesso destino potrebbe toccare anche al suo piccolo caffè. Ma da una riflessione involontaria dell’ex libraia, Estelle trova la soluzione a tutti i suoi problemi.

Tutti pensano che leggere sia un’attività solitaria, ma non deve esserlo per forza. […] I libri migliori dovrebbero essere condivisi e discussi, dibattuti. È una tradizione vecchia di secoli. La gente ha sempre amato le storie.

Il book club del Café Crumb apre così i battenti, nella speranza che diventi la svolta necessaria a risollevare Estelle e suo figlio dai problemi economici. E all’annuncio rispondono quattro persone: Rebecca, insegnante di storia da poco sposata di fronte già a una routine matrimoniale insoddisfacente; Sue, una neo-pensionata alla ricerca di un nuovo ruolo e di un hobby diverso rispetto al poltrire davanti alla tv come il marito; Gracie, una femminista convinta e spumeggiante con una passione per la moda d’altri tempi; e Reggie, impacciato studente universitario che sta scrivendo una tesi sulla funzione sociale del libro e che spera di sfruttare il book club per raccogliere dati e idee.
Tuttavia, la prima lettura del club (Tess dei d’Uberville di Thomas Hardy) non riscuote molto successo e la lista di classici in programma lascia il posto a una direzione un po’ più spinta: il book club si focalizzerà sulla letteratura erotica!
Come in Lezioni d’amore per amanti imperfetti, Sophie Hart crea e segue passo per passo un gruppo eterogeneo di persone, concentrandosi questa volta sulla scoperta del lato piccante dei rapporti tra donne e uomini nelle diverse situazioni di vita dei personaggi.
Abbiamo così Estelle, una madre divorziata che riscopre la passione dopo averla accantonata in favore del lavoro e del dedicarsi a crescere suo figlio Joe; Rebecca e il marito Andy, che trovano una nuova intesa grazie a un diverso approccio verso il sesso; Sue, sessantenne convinta che la vita e il rapporto di coppia abbiano ancora molto da offrire a lei e al sedentario marito George; Gracie, combattiva nell’affermare che le donne dei romanzi erotici sono delle smidollati ma sorpresa dalla scoperta di come sia appagante la sensualità per conquistare l’uomo giusto; Reggie, così fuori luogo tra le donne del book club ma altrettanto illuminato dalle sue letture. Ognuno di loro, così restio all’inizio ad affrontare la letteratura erotica, si ritrova a crescere e a acquistare sicurezza in se stesso/stessa proprio grazie a questi libri scandalosi, scoprendo qualcosa di loro stessi che non avrebbero mai immaginato.
Tutti i membri del club cambiano e crescono, ma a stupirmi di più sono stati Sue e Reggie. Il club delle cattive ragazze è un romanzo rosa dai connotati erotici che indaga i caratteri di questo genere controverso e come questi si adattino alla vita “reale” grazie a tre protagoniste femminili tipiche dei romanzi hot (Estelle, Rebecca e Gracie potrebbero benissimo essere le nuove Anastasia Steele, ma più divertenti) e a due personaggi più alieni ai canoni dell’erotico.

Che bello essere giovani e carine e rifarsi il guardaroba, pensò Sue con una fitta di invidia. Tirò fuori una camicetta e la sollevò controluce per ammirare il motivo di minuscole rondini sulla stoffa color crema.
Ma che senso ha, ormai? si disse con amarezza. Rimise la camicetta al suo posto e si allontanò in fretta.
[…] Invece le esperienze descritte da Christina in Ten Sweet Lessons avevano risvegliato in lei un’invidia inaspettata. Ok, aveva sessant’anni suonati, ma era troppo chiedere una vita sessuale soddisfacente prima di essere fuori tempo massimo?

Sue è una donna di mezz’età e di solito nei romanzi erotici le protagoniste sono tutte giovani, inesperte e ignare della propria sessualità e sensualità. Introducendo un personaggio come Sue e la dinamica di coppia tra chi è sposato da una vita, Sophie Hart dimostra ancora una volta che l’amore e la passione non hanno una scadenza o un’età precisa da rispettare. Tutti possono provare quei sentimenti intensi, viverli come meglio si crede e sentirsi ancora vivi nonostante non si sia più giovani. È questa idea del “Non si è mai troppo vecchi per…” a rendere belli e veri i libri della Hart, perché la vita e le sue esperienze sono aperte a tutti, giovani e non.
Reggie, invece, è il solo ragazzo a frequentare il book club, quindi a leggere le letture proposte durante gli incontri e avvicinarsi a un genere che di solito viene affibbiato alle “casalinghe frustrate”.

Si sentiva a disagio all’interno di gruppi numerosi, soprattutto in quelli dominati da maschi alfa che si scaldavano parlando di calcio e rugby o cercavano di surclassarsi a vicenda a suon di barzellette sporche e battute da macho. Di solito andava a finire che se ne stava seduto in un angolo in silenzio con la sua pinta in mano, pentendosi di essere uscito.

Lui è l’antitesi per eccellenza dei protagonisti dei romanzi erotici alla Cinquanta sfumature, lo – passatemi il termine – sfigato goffo e timido che non crede di poter essere all’altezza di una qualsiasi ragazza. È estraneo ai superuomini che incontra durante le letture del book club, ma è proprio la sua natura a renderlo perfetto all’interno di questo libro, nonché ad averlo reso il mio personaggio preferito. Grazie alla guida del suo Alexander Black interiore (il protagonista maschile del romanzo fittizio Ten Sweet Lessons e chiaramente ispirato a Christian Grey) Reggie si sforza di diventare l’uomo dei sogni che sembra far impazzire l’altro sesso, un modello di spigliatezza e virilità così lontano dalla sua abituale timidezza.

Pensò a Ten Sweet Lessons e alla domanda che aveva fatto a una delle prime riunioni del book club: Alexander Black è davvero quello che vogliono le donne? A giudicare da come l’intera popolazione femminile aveva perso la testa per quel romanzo, si sarebbe detto di sì. Volevano un uomo che fosse forte, affascinante, bello e anche parecchio pericoloso. Reggie sospirò. Lui era l’esatto opposto. Ma almeno per una sera avrebbe potuto provare.

Tutti i personaggi seguono un simile percorso di crescita e di conoscenza di sé, tutto grazie alle letture del book club, e Il club delle cattive ragazze è proprio il racconto di come quelle opere scandalose influenzano e trasformano le vite dei personaggi. Ad ognuno di loro viene dedicata la stessa cura e attenzione nel descrivere la crescente sicurezza e autostima dei cinque membri del club, in uno stile semplice, divertente e accattivante che mi ha strappato diversi sorrisi e mi ha letteralmente impedito di staccarmi dalla pagine fino alla fine.

Devo dire che, finora, i libri scelti come sfida di quest’anno mi stanno piacevolmente sorprendendo! Voi avete mai affrontato quest’autrice? Oppure un libro erotico sul genere di Cinquanta sfumature? Io ne ho una conoscenza, beh, discreta e devo dire che a volte non sono poi così delle cattive letture. Non tutti i libri devono essere dei classici intramontabili o dei mattoni assurdi, talvolta capita di volersi lanciare su storie un po’ più terra terra, per così dire. Voi che ne dite?

Aspetto le vostre impressioni 😉
Federica

Iron Fist

Buongiorno 😊
Come sta andando la vostra settimana??

Oggi torno a parlarvi di un programma prodotto da Netflix e Marvel, uno di quelli dedicati ai supereroi del piccolo schermo e che stanno davvero facendo crescere l’universo di casa Marvel in modo incredibile!

Info

Titolo
Iron Fist
Ideatori
Scott Buck
Paese
Stati Uniti d’America
Anno
2017
Genere
Azione, fantastico
Stagioni
1 –
Episodi
13
Lingua
Inglese
Cast
Finn Jones, Jessica Henwick, Tom Pelphrey, Jessica Stroup, Ramón Rodríguez, Sacha Dhawan, Rosario Dawson, David Wenham

Parere

La nuova serie tv marcata Netflix e Marvel questa volta si stacca leggermente dai canoni dei loro precedenti prodotti (Daredavil, Jessica Jones e Luke Cage) perché rappresenta una sorta di via di mezzo tra le tre serie citate e lo spiritualismo che caratterizza il film Doctor Strange.
Iron Fist (“Pugno di Ferro”), alias Danny Rand, è un giovane ragazzo newyorkese che da 15 anni è dato per morto in un incidente aereo in cui hanno davvero perso la vita anche i suoi genitori. In realtà, dopo essere miracolosamente sopravvissuto, viene cresciuto da un gruppo di monaci guerrieri nel misterioso e impossibile-da-trovare monastero di K’un L’un. Dopo anni di addestramento, Danny viene scelto per diventare l’Iron Fist, un’arma vivente il cui scopo è proteggere la via per il monastero e sconfiggere La Mano, potente organizzazione criminale che vede a New York il suo centro operativo e strategico, un’informazione che Danny scoprirà solo dopo essere tornato a casa.
Rispetto agli altri prodotti Marvel/Netflix, Iron Fist è quello che mi ha convinta meno dei tre. L’ho trovato carino e interessante nell’aspetto dello scompenso psicologico che si trova ad affrontare il protagonista dopo il suo rientro nella società occidentale, perché Danny all’inizio appare ancora come un undicenne idealista e assurdamente convinto che il mondo possa diventare un’isola felice solo perché lui è tornato dai suoi amici di un tempo. Ma poi, il ragazzino viene costretto a crescere in tempi brevissimi e gli anni di addestramento mistico vengono letteralmente buttati via. Danny, che inizia a mettere positivamente in discussione la convinzione di essere solo un’arma contro La Mano, si ritrova consumato dalla rabbia, dal tradimento e dal desiderio di vendetta personale che poco ha a che fare con la filosofia con la quale è stato cresciuto e che vede nel dottor Stephen Strange un importante predecessore e esempio. Entrambi questi personaggi basano i loro poteri sul chi e sull’uso delle forze invisibili che governano il mondo, ma se Strange impara ad affrontare i propri problemi personali e le emozioni di modo che non lo trasformino in uno psicopatico alla Loki (cattivo che comunque adoro!!), Danny è incapace di vedere e separare il lato personale e emotivo da quella che è la giusta direzione da seguire, almeno fino agli ultimi minuti dell’episodio conclusivo, quando viene colpito da un flash mistico che lo porta a identificare in due luci da cantiere gli occhi del drago che ha dovuto sfidare per diventare l’Iron Fist e che di colpo gli permette di ritrovare la calma e la sanità mentale. È una metafora interessante per le sfide da affrontare e rappresenta un cambiamento necessario, ma questo avviene in modo troppo repentino perché possa davvero convincere; ovvio, fa parte del processo di crescita e di adattamento del personaggio alla nuova realtà quotidiana di New York, ma l’associazione mi è sembrata un po’ troppo poco credibile e per questo deludente.
Ad essermi piaciuto però è il sistema dei personaggi ed in particolare quelli di Madame Gao e di Ward Mitchum. La prima è la nemica giurata e onnipresente di tutti i supereroi newyorkesi marchiati Netflix: appare in Daredevil come cattiva per tutte e due le stagione e viene citata sia in Jessica Jones e Luke Cage grazie alla presenza di un altro personaggio ricorrente (Claire Temple, interpretata da Rosario Dawson). Lei è la mente della Mano, eppure è avvolta da un’ambiguità che la rende sia un pericolo che un’aiuto per i supereroi, le cui azioni però sono sempre volte a ottenere un guadagno personale piuttosto che a dare davvero una mano agli eroi. È un personaggio che può portare a sviluppi interessanti e che sono sicura riserverà molte sorprese.
Ward Meachum, invece, parte come il più grande insopportabile traditore mai visto sullo schermo e alla fine, benché non perda la sua natura da doppiogiochista, si rivela l’aiuto più prezioso per Danny e un possibile nuovo amico, scambiandosi di ruolo con la sorella Joy e con Davos, cresciuto con Danny al monastero e suo migliore amico. Questi tre, Ward, Joy e Davos, sono i personaggi che più cambiano nel corso della stagione a causa dello smarrimento psicologico che tortura Danny e che promettono di rivelare tutto il loro potenziale nelle successive stagioni.
Da Iron Fist aspettavo più misticismo alla Doctor Strange e meno pugni menati a destra e a manca come se la città fosse diventata un fight club a cielo aperto, perché è qualcosa che avrebbe differenziato la serie e il suo protagonista dagli altri supereroi del piccolo schermo e lo avrebbe reso particolare.

Poi, dando un’occhiata in rete, ho scoperto che con Iron Fist Netflix ha raddoppiato le visioni, anche rispetto ad altre serie più caratteristiche e famose, come Orange is the new blackStranger Things, diventando la prima serie per binge watching, da maratona ininterrotta… Per la serie “Basta menare per fare ascolti”…

Voi conoscete i prodotti Marvel?? Ormai io ve ne parlo sempre 😅 ma può essere che a qualcuno non piacciano, perciò fatemi sapere cosa ne pensate!

A presto
Federica 💋